Winter in America – Gil Scott Heron (Review)

Gil Scott Heron, noto ai rappers per essere il massimo influencer per la nascita dell’Hip Hop, a causa i suoi testi talvolta parlati ed in rima.
In tutta franchezza questo è quanto di più limitativo si può dire di un artista immenso, la cui anima traspare in ogni sillaba, ogni contenuto e accordo dei suoi pezzi.

E’ vero, Gil fu anzitutto un poeta, massimo esponente di quella che viene definita Spoken Word – ovvero il recitare versi su una strumentale – ma le sue capacità espressive abbracciavano la voce in tutte le sue caratteristiche: quando ascolti Winter in America davvero percepisci il carico emotivo di ogni sillaba, densa di soul come in pochi altri cantautori ho riscontrato.

Volendo intraprendere uno studio, si potrebbe parlare delle scelte tonali, o dell’utilizzo della dinamica per arrivare a toccare l’animo dell’ascoltatore talvolta come una carezza, talvolta come uno schiaffo. Ma quella di Gil non è musica che va inscatolata in criteri tecnici, va ricevuta come le parole di un caro amico che ti sta parlando e mette a nudo la sua anima.

Il messaggio di Heron era carico di critiche sul sociale di allora – siamo negli anni ’70 – ma anche sul sistema sociopolitico con cui facciamo i conti oggi e che era già ben chiaro agli occhi di questo artista. La chiave per affrontarlo erano i problemi esistenziali che accomunano gli uomini, ed il tappeto su cui queste riflessioni prendevano forma era il sentimento di amore per il prossimo e di giustizia che caratterizzano la discografia di Gill.

E’ dunque assodato il sentimento che trasuda dai testi e dalle interpretazioni di brani come “Peace go with you, my brother” o “A very precious time“, un sentimento che prende forma sul tappeto musicale creato da chi conosce il Jazz ma ha dentro il Soul e il Blues.

E’ il caso di Brian Jackson, maestro indiscusso del piano elettrico e virtuoso del flauto che, a partire da “Pieces of a man” accompagnerà Gil per qualcosa come 7 albums dal 1971 al 1980: può essere ritenuta una lunga collaborazione ma non per due personalità a tal punto complementari , in grado di coniugare – come ne è un esempio la title track Winter in America – emozioni e critica sociale in un solo messaggio, con due strumenti differenti ma che suonano all’unisono: la parola e la musica.

Gil Scott Heron, un poeta che nella maniera più assoluta NON ci ha lasciato il 27 maggio 2011.

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Zreticuli

Rapper, beatmaker e contadino. Sembra che l'idea di autosussistenza riesca a colmare in lui i vuoti lasciati da grossi...grossissimi problemi esistenziali. Oltre alla musica s'intende!