Intervista a Nu.Bourbon

Abbiamo intervistato Nu.Bourbon, un validissimo beatmaker di stanza a Napoli che con determinazione e senza guardare in faccia a nessuno, porta avanti un percorso di sperimentazione alla ricerca della propria impronta sonora. #RawComputah è la sua ultima fatica, fuori per Hashetic Front Records e scaricabile gratuitamente a questo link.

Ciao Vincenzo, da un po’ di tempo a questa parte sentiamo il tuo nome nell’ambito dell’elettronica sperimentale di stampo Hip Hop. Raccontaci un po’ chi sei e com’è nato il tuo amore verso il beatmaking!

Ciao! Mi fa onore essere associato all’ettronica sperimentale, anche se mi ritengo semplicemente un beatmaker 😉
Il mio amore per i beats nasce nei prmi anni 2000, ma solo più tardi ho iniziato a crederci un po’ di più, trovando nel beatmaking un mondo in cui esprimermi e catapultare le mie emozioni.
 
Com’è nato il tuo nome d’arte? Ha un significato preciso?

No. Era il nome di una cartella con dei sample e dei progetti Ableton all’ epoca nuovi, che rappresentavano un punto di svolta nella ricerca del mio stile personale. E’ un po un gioco di parole tra l’inglese ed il napoletano, io lo pronuncio “nu’ barbon”(“un barbone”). Ora è il nome della mia personalissima label, ma utilizzo anche altri moniker.

Quali sono i beatmakers e i musicisti che hanno influenzato il tuo percorso musicale?

Sono appassionato di musica da tanti anni e sono davvero tanti i musicisti e gli stili che mi hanno influenzato, dalla musica italiana, alla black music, passando per il prog-rock ed il reggae…
I beatmakers che all’epoca più mi hanno fatto gridare al miracolo sono stati Madlib & J-Dilla, Flylo, Jnero Jarel, Ras G… li sentivo più vicini alla mia idea di HH.
Così come ho sempre apprezzato il lato più marcio ed oscuro dell’underground HH americano, specialmente N.Y.C. ed L.A.

Anche a un ascolto attento, la struttura delle tue strumentali risulta complessa e varia. Come nasce un beat di NuBourbon?

Nasce solitamente in modo spontaneo e quasi casuale: ascolto musica (tanta musica) e quando trovo qualcosa che mi rappresenta,  ritaglio i suoni e do vita al processo creativo, basandomi sul mood del momento. Di solito creo dei pattern sull’sp o sul drumrack e poi lavoro sulla sequenza in vari step. Molte cose le registro in presa diretta, come effetti ed altri elementi.

 

 

Ci vuoi spiegare – se c’è -qual’è elemento che accomuna i brani di #RawComputah? C’è un filo conduttore?

In realtà si tratta di brani realizzati come allenamento, sperando di evolvermi e di diventare più forte…
Altri ep strumentali li ho realizzati con la consepevolezza di star realizzando un progetto, ma Raw Computah no.
Solo in un secondo momento ho deciso di fare un album che rappresentasse i livelli raggiunti nell’ ultimo periodo, selezionando un po’ di beats (più o meno) freschi.

Le strumentali di #RawComputah suscitano irrequietezza, sensazioni di metodico disordine e squilibrio mentale, arrivando a sfiorare il fastidio. Sei riuscito nell’intento che ti eri prefissato con questo album?

In realtà non mi prefisso mai nessun obiettivo quando suono. Cerco di essere mè stesso anche se ricalco volutamente alcune scelte stilistiche di altri musicisti e producer che mi influenzano.
Ma comunque credo che la mia m*rda sia personale, per questo porta con sè tutti gli aspetti della mia persona e della mia vita, quindi di tutte le persone e le situazioni che mi circondano e che mi danno energia.

 

 

Parlando della tua attività live, sappiamo che organizzi eventi per gli amanti del beatmaking, ti va di parlarcene?

Si ci ho provato con qualche amico. Il blog e la pagina BeatZcat Ent, che gestisco con un paio di soci, nascono anche per dare un contributo all hip hop ed alla beat scene cittadina dal punto di vista organizzativo per eventi di beatmaking e beat set. Speriamo di crescere di più da questo punto di vista. L’interesse c’è, ma solo a sprazzi, e gli altri beatmakers non sembrano sempre molto coinvolti. Raramente si dà soddisfazione a chi è fuori dalla propria crew/giro, si guardano molto gli interessi personali, e tante belle parole non bastano.
Ci vuole fiducia e partecipazione da parte di tutti per creare qualcose di veramente potente, ma siamo a mio avviso troppo corrotti e tante idee restano utopie.
Personalmente il lato “live” è uno di quelli che mi piace di più: spesso mi ritrotrovo in qualche baretto o spazio occupato a miscelare i miei loops in modo creativo e questo è un aspetto che influenza molto il mio modo di produrre.

C’è un messaggio che credi sia fondamentale sottolineare per far conoscere a pieno la tua arte?

Cerco di dare un senso a tutto ciò che faccio, nella musica e nella vita. Nel mio piccolo cerco di RESISTERE alla banalità ed alla vuotezza di cui il sistema ci vuole fedeli sudditi.

KEEP ON!!

 

Comments

comments

Redazione

Le menti che stanno dietro il magazine di riferimento per ogni beatmaker dello stivale!